Stare sul C. Testimonianza poetica in forma di chiacchierata da bar

DI E CON: Manuel Buttus, Flavio D’Andrea e Marta Riservato
UNA CO-PRODUZIONE: Associazione Culturale Cave e teatrino del Rifo

Nel locale di una vecchia osteria, qualche sedia, vino, carte da briscola. Al tavolo Marta, Manuel e Flavio. Qualcuno cita Rodari:

“Spiegatelo voi, dunque, in prosa od in versetti, perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti”.

Da lí partono, a valanga, racconti e storie: sul confine territoriale, come quello che storicamente ha cambiato l’assetto socioculturale del Friuli Venezia Giulia o come quei confini che in tutto il mondo bruciano e condannano vite. Ma anche su confini effimeri, interiori e intimi, come quelli che nascono “tra il denti e il fôr, tra il sora e il sot, tra il vert e il desert”, come raccontava il grande Leo Zanier.

E cosa ne sa di chi ha subìto o subisce davvero un confine, chi è cresciuto nel protettivo tepore della pianura friulana? O cosa ne sa di confini chi non è mai uscito dalla Regione o chi i confini li supera comodamente con passaporto in mano, seduto su un sedile d’aereo? Niente?!

STARE SUL C. è una tragicommedia paesana, artigianale, piena di colore, di citazioni erudite, di sentenze lapidarie e ironia nera… un mix familiare a chi naviga tra le osterie.

Una commedia che si gioca a carte scoperte. Gli attori sono semplicemente se stessi e iniziano a raccontare in prima persona: storie lontane si intrecciano con i loro confini, con i confini delle loro vite, delle loro storie, con le strade percorse con i maestri, guide che hanno scavato tra le ferite del genere umano e hanno tracciato rotte per chi prova a navigare tra le sue cicatrici. Fino ad arrivare al confine che sta dentro le vite di tutti, il filo sottile fra la vita e la morte.

È un mondo difficile…

di Alessandro Dalla Mora
con Manuel Buttus e il DJ Luca Liva

Alla vigilia dei cinquant’anni, in piena pandemia, Manuel, uomo mite, conciliante, remissivo, viene lasciato dalla sua compagna. Solo a quel punto, decide di “esternare il suo disappunto nei confronti dell’Umanità”.

Osservando la società che lo circonda, stigmatizza le situazioni che lo infastidiscono, che lo fanno arrabbiare, disapprova i vizi e le manie degli esseri umani che lo circondano.

È UN MONDO DIFFICILE è un’opera prima di Alessandro Dalla Mora, autore emergente che rivela un grande talento come conoscitore dell’animo umano, in storie piene di humor e sensibilità. Dalla Mora è uno dei più quotati manager del vino della nostra Regione e riversa nel suo testo teatrale la sua conoscenza del mondo, i continui viaggi e i mille incontri.

Una Stand-up comedy interpretata da Manuel Buttus, dall’ironia caustica e irriverente, adatta ad una serata divertente e di evasione per sorridere dei nostri difetti e delle nostre frenesie, accompagnata da una colonna sonora vibrante e divertente e che vede alla consolle il DJ Luca Liva.

Barbe Leo

di e con Giorgio Monte

È la storia di un giovane contadino di Farra – che abita nei pressi dell’Isonzo – che vede arrivare della gente sulle rive del fiume: é Leonardo che sta studiando dei progetti di difesa dall’invasione dei turchi. Il giovane poi segue Leonardo come un’ombra per tutti e 3 (!) i giorni che Leonardo avrebbe passato dalle parti di Farra e Gradisca. il friulano consente anche di raccontare del territorio e consente di alleggerire la narrazione.

Intorno fioriscono le viole

Intorno fioriscono le viole è una serata di letture poetiche in omaggio all’opera del “poeta delle pantegane”, come amava definirsi Federico Tavan.

Federico Tavan è un poeta che il teatrino del Rifo ha conosciuto bene, da vicino. Negli anni Novanta c’erano anche loro ad ascoltare e a volte a dare voce ai suoi versi, negli anni e nelle serate, indimenticabili, in cui si rivelava l’opera di Tavan e il poeta cantava la sua “preziosa eresia” nella lingua del suo borgo, Andreis, e delle montagne della Valcellina.

Paragonato dal critico letterario del Corriere della Sera Gianluigi Colin a Dino Campana e ad Alda Merini, perché “la vita gli ha riservato un destino di equilibrio fragile, diviso fra gli abissi della malattia mentale e il dono di una poesia che fulmina”, Tavan è uno dei poeti che più hanno lasciato il segno negli ultimi vent’anni di creazione poetica in Friuli.

Un poeta-bambino, “trasgressivo e innocente”, come lo definisce Claudio Magris, “poeta-maudit, socialmente irregolare e indigesto”.

Protagonisti del reading, Giorgio Monte e Manuel Buttus, pronti a dare voce a un iter fra le poesie, gli scritti d’occasione e le lettere di Tavan. Ma a parlare di lui ci saranno anche le foto scattate in questi anni a Tavan da Danilo De Marco, intercalate e illustrate – poesie e foto – dagli interventi di Paolo Medeossi, giornalista e da sempre grande amico del poeta, autore qualche anno fa di uno dei libri più belli, documentati e fedeli sul poeta, “Tavan, la nostra preziosa eresia” (Forum Editrice).

Federico Tavan  – osserva Medeossiè il narratore strambo d’un microcosmo arcano e sensibile: dal suo regno superinfantile, pazzo e caotico, racconta meraviglie e misteri della vita che i normali soffocano appena diventano membri responsabili  della società e ci fa vedere, affondando la parola come bisturi, cosa si nasconde sotto la crosta dei buoni sentimenti. (…) Federico ci racconta di un paese lontano, con i lampi, l’ironia, il dolore, il friulano della piccola Andreis che diventa lingua scritta, l’intima sincera ribellione contro le assurde regole del tempo, la naturale fanciullezza. Sono doni che ci fa portando i suoi versi fragili sul palmo della mano come un fiore preziosissimo. Lo fa parlando dalle frontiere estreme e difficili in cui le circostanze della vita lo hanno cacciato: un appartato borgo di mezza montagna o l’interno di un centro di igiene mentale. Perché lì, ancora una volta, la poesia rivela la portentosa capacità di rendere evidente come sia possibile essere altrove e sentire nel profondo la vita che cammina mentre intorno fioriscono le viole”.

Se non avessi più te…

testo Manuel Buttus
ricerca musicale e arrangiamenti Matteo Sgobino e Nicoletta Oscuro
con
Manuel Buttus: voce
Nicoletta Oscuro: voce
Matteo Sgobino: voce e chitarre

“Ed stato proprio lì, in quel preciso momento, mentre lei svuotava completamente quella bottiglia di birra sul mio pavimento, che ho cominciato a sentire dentro di me una montagna di rabbia che montava, che all’improvviso si materializzava, come un’ombra, scura, buia, nera…”.
Questa riflessione l’ho buttata giù, di getto, una notte di quelle notti che non dovrebbero mai esistere.
È stato anni dopo, rileggendola, che ho avuto paura e ho deciso di scrivere questo lavoro.
La violenza maschile nei confronti delle donne non è un fatto privato, ma è un fenomeno strutturale e trasversale della società e che affonda le sue radici nella disparità di potere fra i sessi.
Il “Delitto d’onore”, è stato abrogato solo nel 1981. Fino ad allora, commettere un omicidio al fine di “salvaguardare l’onore?”, prevedeva una sanzione minore, attenuata, rispetto all’analogo delitto di diverso movente. Perché l’offesa all’onore, arrecata da una condotta disonorevole (della donna), era gravissima provocazione.
E, la riparazione dell’onore, non determinava una riparazione sociale.
Noi uomini (sono io, questi uomini!), abbiamo perso il ruolo predominante che ci è appartenuto per millenni, e che nessuna moglie, compagna o madre, aveva mai osato mettere in discussione sino a questi ultimi anni.
E questa nuova condizione di maschio depotenziato, come la risolviamo?
Femminicidio, è un (brutto) neologismo inserito nel vocabolario e nel Codice Penale Italiano.
È un termine che si è consolidato in questi anni per descrivere l’assassinio di una donna per il carico specifico che si propone di significare.
La donna, viene uccisa, perché donna.
La vittima, è colpevole di essere ciò che è, dunque, meritevole di essere eliminata assieme alla sua specificità.
La femminilità è dunque una responsabilità di genere.
L’unica arma possibile è l’educazione, che insegni genere, differenze e uguaglianze.
Un’educazione, sociale, scolastica, familiare, culturale.
Un impegno che deve vederci tutti uniti e coinvolti.
Purtroppo, non credo che un lavoro teatrale possa far cambiare idea a qualcuno che decide di uccidere una donna.
Sarebbe troppo facile.
Ma da parte mi, c’è soprattutto l’esigenza di capire, come essere umano, cosa succede ad un altro essere umano quando compie una cosa che, alla fine, a me sembra il più grande esercizio di potere che ci sia. Una cosa che ha il sapore dell’onnipotenza: togliere la vita a una persona (DONNA) che, come ci hanno insegnato a “dottrina”, è una cosa che può fare solo Dio.
“Il diario di Giulia”, “Il punto di vista di lei” e “Se non avessi più te” sono tre storie. Queste tre storie cominciano con la Genesi… perché dalla “Notte dei Tempi”, siamo tutti responsabili.
Manuel

La musica e il canto in scena sono un veicolo stupefacente di comunicazione e di liberazione del flusso emotivo. In questo e con tutta la cura che serve cerchiamo ogni volta di farci veicoli di storie, valori, atmosfere, sospensioni e affondi. La musica che amiamo fare è sempre generosa in questo, sa rendersi luogo che accoglie le parole, le aiuta, le potenzia. Qui il tema è di quelli che pesano come macigni, qui si parla di vita vissuta, qui la cura dovrà essere ancora più speciale, far vibrare corde per far vibrare altre corde, riuscire a rendere udibile ciò che troppo spesso non si può ascoltare, dare a quei macigni un peso possibile, riuscire a trovare il canto giusto e l’esatto accordo.
Quando Manuel ci ha proposto di pensare ad uno spettacolo insieme, che coniugasse la nostra ricerca musicale e vocale con le storie che lui aveva scritto abbiamo incrociato le nostre strade.
Gli incontri e le collaborazioni arrivano quando è tempo che arrivino e allora sono naturali come tutte le cose che maturano tranquille. Stessa generazione, stessa periferica provincia, stessa passione per un teatro sincero e autentico, qualche ruga e ancora molta cura. E si va…
Nicoletta e Matteo

 

Quello che conta sono i soldi

Corso interattivo di formazione alla ricchezza individuale

Boris Bakal – regista e direttore artistico del progetto (HR)
Co-autori, drammaturghi e interpreti:
Adriano Giraldi, attore e performer (IT)
Manuel Buttus, attore e performer (IT)
Dasa Grgic, coreografa e danzatrice (ITA/SLO)
Elena Husu, attrice e regista (IT/SLO)
Ospite speciale della Residenza aperta:
Matteo Sabbadini, videomaker (IT)

“Quello che conta sono i soldi. Corso interattivo di formazione alla ricchezza individuale” è un percorso artistico e un work in progress multiculturale e multilingue con un doppio focus di indagine: da un lato si occupa di relazioni fra valori sociali e valori materiali, dall’altro di denaro e dei suoi flussi nei mondi della  finanza in questo stato di crisi permanente, e del ruolo ambivalente del denaro negli scambi sociali a livello globale.
Il tutto dalla prospettiva di una possibile narrazione artistica e personale.
Il progetto, nel suo percorso complessivo, è realizzato con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e in collaborazione con Teatro nei Luoghi XIII edizione.

La rivoluzione bancario-finanziaria del mercato mondiale ha ispirato la genesi del progetto che, in tempo reale, segue le tracce di operazioni finanziarie parallele, di investimenti e dei loro effetti sull’Ambiente, sulle vite dei singoli individui, sui Paesi, sui sistemi statali e sulle loro articolazioni, sulle imprese e sull’economia.
Il campo del progetto di ricerca al momento ha coinvolto la Croazia, l’Italia e la Slovenia.
Le città di Trieste, Zagabria, Capodistria e Bitola (in Macedonia) sono già state il palcoscenico della ricerca/raccolta di testimonianze, di interviste con esperti (banchieri, avvocati, filosofi, sviluppatori, criptologi, hacker, educatori), di lavoro con bambini e studenti nelle scuole, di mostre, di serate di teatro partecipato e soggetto di una sceneggiatura per un documentario in via di sviluppo.

Direttore artistico del progetto è Boris Bakal, attore, regista, scrittore e artista multidisciplinare croato,
Hanno contribuito e partecipato alla gestazione e alle precedenti tappe di sviluppo del progetto, attori, performer, drammaturghi, esperti e artisti delle arti visive: da Maurizio Zacchignia, Mariagrazia Plos, Roberta Colacino e Adriano Giraldi attori e autori dell’Associazione Mamarogi, a Manuel Buttus attore e autore del teatrino del Rifo, Dasa Grgic, coreografa e danzatrice, Elena Husu, attrice e regista, Matteo Sabattini, videomaker, Guido Chiarotti, economista filosofo, drammaturgo e fisico, Massimo Racozzi, artista visivo.
Il team si apre ad ogni tappa a nuovi incontri e contributi.
Nello spettacolo convivono e si intersecano più lingue: l’italiano, lo sloveno, il croato e l’inglese.

Boris Bakal, affermato regista e attore di teatro e cinema, artista intermediale e scrittore, direttore artistico di Bacaci Sjenki/Shadow Casters di Zagabria, una piattaforma artistica che ha vinto numerosi premi e riconoscimenti internazionali per lo sviluppo di progetti culturali eclettici e dal taglio fortemente interattivo.
Nel 2012 fonda Frooom! una scuola cinematografica per bambini e giovani presente in otto città croate e tuttora in attività.
Durante la sua carriera versatile, ha creato progetti, spettacoli, conferenze, installazioni e creazioni multimediali presentate in festival, mostre e manifestazioni in più di 20 stati in tutta l’Europa nonché in USA, Senegal, Tailandia, Armenia e Giordania (Europa 2000, Biennale di Venezia, Festival di estate di Dubrovnik, Akcent / Praga, Eurokaz / Zagreb, BITEF / Belgrado, INTERFERENZE / Cluj, MESS / Sarajevo, Praga Quadrennial, BBI / Friburgo, PLURIVERSALE / Colonia, Ex-Ponto / Ljubljana e altri).

In My Bed

conferenza scientifica sui misteri della sessualità friulana
di Maurizio Zacchigna
con Manuel Buttus e Roberta Colacino

In My Bed, è una commedia sul sesso e l’amore che nasce dai risultati di un sorprendente questionario rivolto ai friulani qualche anno fa.

Il gruppo V/L off dell’associazione Vicino/Lontano, in collaborazione con l’Università di Udine, ha provato ad alzare il velo su alcuni tabù.
Il progetto a cura di Paolo Ermano, Luigi Montalbano, Francesco Clochiatti, Antonello Dinapoli e Elena Tammaro puntava a farsi un quadro esplicito di come i friulani vivano il sesso, attraverso una serie di domande da compilare on-line. La risposta è stata impressionante, nei numeri e nella sincerità.

E a partire da questa indagine, nasce il nuovo spettacolo del Rifo raccontato in forma di una bizzarra conferenza e di un curioso faccia a faccia fra un’esperta di statistica riluttante a esporre i risultati della ricerca e un misterioso ascoltatore che sembra avere un obiettivo: boicottare la scienziata e la sua analisi sui “friulani sotto le lenzuola”.

Una giovane donna, esperta statistica, si presenta davanti al pubblico per tenere una conferenza nella quale esporre i risultati di una ricerca sulla sessualità dei friulani condotta recentemente dall’Università di Udine.

Non solo la scienziata sembra contrariata dall’incarico che le è stato affidato, ritenendolo di poco prestigio per una che è abituata a lavorare con grandi istituzioni mondiali, ma la donna si ritrova a dover fare i conti uno strano spettatore, un uomo che fin dall’inizio della conferenza sembra intenzionato a boicottarla con la sua presenza polemica. La rintuzza, la rimprovera, giunge persino a telefonare agli organizzatori per denunciare la ritrosia della relatrice ad addentrarsi nei temi più scottanti. A quel punto la donna, anche per salvare il suo cachet, non può far altro che partire in tromba a snocciolare i dati. Si scoprono così le molte belle cosette che i friulani usano fare tra le lenzuola. Per la scienziata però si tratta di un quadro assai modesto che disegna un panorama sessualmente tradizionalista. Nasce da qui l’ennesimo scontro tra i due protagonisti in quanto l’uomo è, al contrario, un fan radicale delle prestazioni friulane. Il rapporto conflittuale, sempre più delirante, sembra portare i due verso uno scontro irreparabile ma… colpo di scena, dopo una confessione estremamente intima dell’uomo la donna rimane colpita, matura per l’uomo una sorta di empatia fino ad invitarlo a salire sul palco per offrirgli il calore di un abbraccio. L’uomo sale, snobba l’abbraccio, si impossessa della scena e… nulla sarà più come avrebbe dovuto essere.

Nightmare before Christmas


una produzione di Complesso Bandistico di Fagagna, Associazione Mamarogi, teatrino del Rifo
con Roberta Colacino e Manuel Buttus
arrangiamenti e direzione di Mauro Verona

Un nuovo progetto musicale a cura del complesso Bandistico di Fagagna su musiche originali del compositore Danny Elfman, arrangiate appositamente per Banda dal Maestro Mauro Verona.
Un idea originale che prevede oltre alle musiche anche un adattamento teatrale del famoso film d’animazione ideato e prodotto da Tim Burton, a cura dell’ associazione Mamarogi e del teatrino del Rifo.
Lo spettacolo sarà condotto dagli attori che si alterneranno tra loro nel racconto, accompagnati dal complesso bandistico.

Il Paese di Halloween è un mondo immaginario nel quale vivono tutti i mostri della festività e tutto ruota intorno alla festa del 31 ottobre, i cui preparativi durano l’intero anno. A capo del paese c’è il re delle zucche, Jack Skeletron, uno scheletro molto magro e alto più di 2 metri, da tempo stanco di tale festività e di spaventare.
Sally, una bambola di pezza, è segretamente innamorata di Jack…
E poi c’è il Sindaco, il Dottore e tutti gli spaventosi personaggi del Paese di Halloween… e allora: Buon Natale a tutti voi!

 

La stazion di Vierte


Cônte fantascentifche par furlan
di e con Giorgio Monte
regia Giorgio Monte

Non passa giorno senza che quotidiani e televisioni non raccontino episodi di cronaca legati al razzismo.
Notizie che giungono da ogni parte del mondo, da ogni parte d’Italia.
E, dunque, anche dalle nostre parti.
La stazion di Vierte è una storia che parla della nostra regione.
Una storia non del passato o del presente, ma del futuro: il futuro immediato, quello prossimo e anche più in là.
Si parte da la stazione di Vierte (primavera, in friulano), proprio un giorno di primavera.
La stazion di Vierte è un viaggio di meno di un’ora, un viaggio di andata e ritorno.
Ritorno sempre alla stazion di Vierte, con la speranza sia sempre primavera.

D’Ante Litteram! Inferno 3 5 26


D´Ante Litteram
è il coinvolgente viaggio di riscoperta teatrale della Commedia dantesca. Lo spettacolo è un appuntamento capace di rinnovarsi e di appassionare ogni volta nuovi spettatori alla poesia di Dante.
Per l’edizione di Teatro nei Luoghi 2018, il ritorno del reading dantesco ideato dal teatrino del Rifo acquista anche il senso di un sentito ed emozionante omaggio a Pierluigi Cappello, il poeta e amico scomparso un anno fa.
Al progetto D’Ante litteram Cappello aveva dato fin dalla sua prima edizione un suo appassionato contributo come commentatore ed eccezionale esegeta dantesco dal vivo, ogni volta che gli era possibile, o da un video, in versione registrata durante una serata del teatrino del Rifo di qualche anno fa a Bagnaria Arsa.

Al centro della serata, le letture di tre notissimi canti dell´Inferno, la cantica più “colorata”, divertente e densa di suggestioni.
Per la comprensione dei versi e degli episodi, il pubblico potrà dunque rivedere il poeta e riascoltare le sue mentre interpreta i versi e le figure retoriche e lo stile del sommo poeta Dante Alighieri.
Nel video, Pierluigi Cappello – proprio come Virgilio con Dante – accompagna gli spettatori fra i versi del terzo canto dell´Inferno, la prima soglia della città dannata, per iniziare la discesa fino al canto d´amore per antonomasia, il canto di Paolo e Francesca, giù giù fino al canto dell´incontro di Dante con Ulisse, autentico inno alla conoscenza che innalza l´uomo dai suoi istinti più contingenti.

Fra un´introduzione e la successiva, Cappello passerà la parola a tre lettori danteschi, gli attori Rita Maffei (canto terzo), Giorgio Monte (canto quinto), Manuel Buttus (canto ventiseiesimo)

La Divina Commedia, con il canzoniere del Petrarca e i poeti del duecento, è il big bang dal quale è germinata l´intera tradizione poetica italiana.
Leggere il viaggio di Dante oggi è una forma di libertà e resistenza alla narcosi della civiltà dell´immagine.
Nella Firenze del medioevo ciabattini e vasai cantavano e recitavano i versi della Divina Commedia, stropicciandoli e facendoli vivere.
C´è una profonda e ben radicata dimensione orale dentro il poema di Dante.
Nelle scuole, in genere, tale dimensione va interamente perduta: è per questo che sarebbe utile proporre il pellegrinaggio del poeta di Firenze spolverato dalle note e interpretato da attori che ne facessero apprezzare agli studenti tutta la forza popolare.
Pierluigi Cappello